Videosorveglianza: come predisporre segnali e cartelli di avvertimento regolari

predisporre bene i cartelli e i segnali di avvertimento dei sistemi di videosorveglianza


Preservare la riservatezza dei propri movimenti è diventato molto difficile, se non addirittura impossibile, perché, praticamente, quasi in ogni luogo pubblico o privato, vi è una telecamera. A volte in posizioni poco visibili e altre volte segnalata con cartelli poco chiari e spesso non conformi al GDPR ed alle raccomandazioni delle Autorità di controllo.

Ecco alcune indicazioni utili su come predisporre cartelli e segnali di avvertimento dei sistemi di videosorveglianza.

  1. Cartello di avvertimento
    Chiariamo che ogni telecamera posta in un luogo pubblico o privato, per qualunque finalità, deve essere segnalata con un “cartello di avvertimento”, questo perché tutte le persone che vengono riprese dalle telecamere devono essere consapevoli del fatto che è in funzione un sistema di videosorveglianza.
    Il processo di gestione di un sistema di videosorveglianza costituisce un trattamento di dati personali che può presentare rischi elevati per i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche. Bisogna, pertanto, applicare con grande cura ed attenzione le norme del GDPR che agli artt.12 e 13 fissa, a carico dei titolari del trattamento, obblighi generali di trasparenza e informazione. Quindi, eseguire la videosorveglianza sistematica di un luogo pubblico o privato, senza segnalare, con apposita segnaletica, la presenza di telecamere, costituisce una violazione del GDPR ed in particolare del principio di trasparenza stabilito dall’art.5, paragrafo 1 lettera a).
     
  2. L’approccio scalare a 2 livelli per assicurare la trasparenza
    L’art. 13 del GDPR, che deve essere applicato per rendere compliant l’attività di videosorveglianza, impone ai titolari l’obbligo di fornire agli interessati una determinata gamma di informazioni.
    Alla luce della quantità di informazioni da fornire agli interessati, gli stessi titolari possono seguire un approccio scalare, optando per una combinazione di metodi al fine di assicurare la trasparenza. Per quanto riguarda la videosorveglianza, le informazioni più importanti devono essere indicate sul cartello/segnale di avvertimento (primo livello) mentre gli ulteriori dettagli obbligatori possono essere forniti con altri mezzi (secondo livello).
  3. Conformazione e contenuto del cartello di avvertimento
    Aggirandosi negli spazi pubblici e privati è possibile vedere cartelli di ogni genere, posti per segnalare la posizione di telecamere di videosorveglianza, spesso contenenti informazioni non fondate e non pertinenti.

Al punto 116 delle Linee Guida EDPB 3/2019 viene proposto un esempio di cartello precisando che si tratta di un “esempio” e di un “suggerimento non vincolante” (vedi esempio qui sotto).

esempio cartello

Pur essendo un “suggerimento non vincolante”, detto cartello è certamente utilissimo, nonostante abbia una forma grafica molto semplice risulta ben strutturato e consente di dare agli interessati un’informativa corretta di "primo livello".

  1. L’informativa di “primo livello”
    Il primo livello riguarda la modalità con cui avviene la prima interazione fra il titolare del trattamento e l’interessato; ed è in questa fase che i titolari possono utilizzare un segnale di avvertimento che indichi le informazioni pertinenti. Tali informazioni possono essere fornite da un cartello/segnale (come quella riportata nel precedente “esempio non vincolante”) per dare, in modo ben visibile, intelligibile e chiaramente leggibile, un quadro d’insieme del trattamento previsto. Ovviamente il formato delle informazioni dovrà adeguarsi alle varie ubicazioni.
    I Garanti Europei hanno anche ben evidenziato quali tipo di informazioni deve contenere l’informativa di primo livello posta nel cartello/segnale di avvertimento.
    1. le finalità del trattamento;
    2. l’identità del titolare del trattamento e l’esistenza dei diritti dell’interessato, unitamente alle informazioni sugli impatti più consistenti del trattamento. Si può fare riferimento, ad esempio, ai legittimi interessi perseguiti dal titolare (o da un soggetto terzo) e ai recapiti del DPO;
    3. un riferimento (tipo QR Code o U.R.L.) per reperire e informazioni di secondo livello, più dettagliate, indicando precisamente dove e come trovarle;
    4. tutte le informazioni che potrebbero risultare inaspettate per l’interessato. Potrebbe trattarsi, ad esempio, della trasmissione di dati a terzi, in particolare se ubicati al di fuori dell’UE, e del periodo di conservazione. Se tali informazioni non sono indicate, l’interessato dovrebbe poter confidare nel fatto che vi sia solo una sorveglianza in tempo reale (senza alcuna registrazione di dati o trasmissione a soggetti terzi).
     
  2. Posizionamento della segnaletica di avvertimento
    I cartelli/segnali di avvertimento contenenti l’informativa di primo livello dovrebbero essere posizionati in modo da permettere agli interessati di riconoscere facilmente le circostanze della sorveglianza, ancor prima di entrare nella zona sorvegliata (approssimativamente all’altezza degli occhi); non è necessario rivelare l’ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. Per dare la possibilità ad ogni interessato di poter sempre stimare quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario.
     
  3. Il cartello non è il solo strumento di compliance
    È bene ricordare che una buona informativa (di primo e di secondo livello), predisposta per un’attività di videosorveglianza, non risolve in radice tutti i problemi di compliance, poichè realizza solo uno dei principi di protezione dei dati personali: i.e. la trasparenza. 
    In pratica, affinché l’attività sia compliant, il titolare, prima di avviare il trattamento, dovrebbe progettare tutte le operazioni necessarie a gestire il sistema di videosorveglianza, in modo da allinearle ai principi di protezione dei dati personali.
    Il risultato di questa attività di design comprenderà, naturalmente, anche una corretta informativa di primo e secondo.
    Non bisogna dimenticare che la particolare natura dell’attività di videosorveglianza impone al titolare di eseguire, prima di avviare qualsiasi operazione di trattamento, una valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali (la c.d. DPIA: Data Protection Impact Assessment), consultandosi con il proprio DPO e con l’Autorità Garante, qualora non si riesca a mitigare i rischi elevati (per i diritti e le libertà fondamentali) che sono naturalmente connessi alla gestione della videosorveglianza.

Nota bene: In caso ci siano dei dipendenti, per regolarizzare l’impianto privacy occorre presentare istanza all’ispettorato del lavoro di competenza o siglare un accordo con la rappresentanza sindacale.

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